Chi è il capitano della nave?

Nel precedente articolo abbiamo accennato brevemente al discorso delle sub-personalità e abbiamo visto che non sono altro che parti di noi stessi che risiedono in quello che viene definito “Inconscio Inferiore”. Queste parti si sono formate nel tempo in conseguenza alle esperienze di vita che abbiamo attraversato, in particolare in seguito ad esperienze traumatiche.

(Il trauma ha infatti un effetto separativo al nostro interno: quando il nostro organismo non riesce a reggere  una data situazione, per adattarsi, si frammenta; si tratta di una strategia adattiva del tutto automatica, che serve per suddividere in più parti il carico eccessivo dell’esperienza. Questo è il modo attraverso il quale in nostro sistema mente/corpo cerca di far fronte a quelle esperienze che eccedono le sue capacità di elaborazione e integrazione).

All’intento dell’inconscio inferiore potremmo così trovare una nostra parte molto paurosa e ansiosa,  una arrabbiata e piena d’odio, una rigida e perfezionista, una passiva e sottomessa, una avida e arrogante, e via dicendo.

Il discorso è molto ampio, qui, basti tenere in considerazione che noi nasciamo come UNO, interi, ma col tempo, chi più e chi meno, tutti noi andiamo incontro ad un certo grado di frammentazione, infatti, non solamente eventi palesemente ed evidentemente traumatici hanno in noi un effetto separativo, ma anche circostanze di vita e situazioni apparentemente “normali”.

Ma cosa succede se non siamo consapevoli che non siamo più UNO e che, al contrario, in noi, abitano più parti? Semplice, accade che finiamo per identificarci con le nostre singole parti, oppure, che ci ritroviamo ad essere in balia delle nostre stesse parti.

Semplificando, facciamo un esempio prendendo spunto da queste immagini:

 

Magari una parte di me orgogliosa e individualista mi dice che dovrei andare a destra, pensare alla carriera e al guadagno, trasferirmi all’estero…

…ma a un’altra parte di me quella direzione non piace affatto, e allora inizia a farsi sentire…

… si fa sentire indicandomi che la giusta direzione da prendere è quella opposta, mi dice che dovrei pensare alla mia famiglia e passare più tempo a casa (suscitando altrettante reazioni negative nella parte opposta).

 

(In questo esempio, per semplificare, abbiamo preso in esame solo due parti, ma spesso le cose sono parecchio più complesse e ci troviamo ad avere a che fare con una vera e propria famiglia interiore!)

e quindi? cosa può fare il nostro povero Io inconsapevole che si trova nel mezzo? 

in poche parole, potremmo dire che il nostro povero io identificato finisce o per essere in balia di questo conflitto e quindi, strattonato da un lato e dall’altro, procrastina, non decide, si passivizza e rimane in attesa che qualcuno o qualcosa di esterno decida al posto suo; oppure, per “risolvere” inconsciamente il conflitto si ritrova a identificarsi con una parte, tagliando fuori l’altra (con tutte le conseguenze che questo poi comporta). Si,  perchè negare una parte di noi stessi non porta mai a nulla di buono, infatti, non significa affatto che quella parte di noi non ci sia più, ma “solamente” che viene rifiutata, rinnegata, gettata nell’ombra…e possiamo star pur certi che in qualche maniera tornerà a farci visita, magari in modo cifrato, attraverso i sintomi: ansia, panico, depressione, somatizzazioni, etc…ne sono gli equivalenti simbolici.

E in poche parole, come se ne esce? attraverso la consapevolezza, l’accettazione e la dis-identificazione.

consapevolezzaho contezza che in me abitano più parti e che ognuna ha esigenze diverse

accettazione: ogni parte c’è per un motivo, ha il diritto di esserci e di essere accolta, non rifiuto nessuna parte, nemmeno quella più scomoda 

dis-identificazione: io non sono le mie parti, le loro emozioni, le loro spinte; io sono molto di più: sono un centro di autocoscienza in grado di accogliere ogni parte di me stesso. Come un direttore d’orchestra, posso armonizzare le parti che mi abitano e rimanere libero di autodirigermi, in linea con la mia tendenza attualizzante (la spinta all’autorealizzazione presente in ogni essere vivente). 

Solo un Io disidentificato può essere un buon capitano della nave