NON ESSERE AL 100% (PER ESSERE AL 100%)

Ultimamente mi capita sempre più spesso di ascoltare persone che arrivano in studio, anche parecchio angustiate, perché non riescono ad essere al 100%, soprattutto in contesti relazionali. Quando chiedo cosa intendano per “essere al 100%”, spesso mi dicono qualcosa del tipo “essere sicuro/a di me stesso/a”, “trasmettere positività”, “essere pienamente me stesso/a”.

A questo punto chiedo loro degli esempi in cui hanno avuto la percezione di non essere al 100% e spesso mi raccontano di una qualche situazione in cui avevano un certo stato d’animo che sentivano essere diverso da quello che pensavano gli altri si sarebbero aspettati da loro, oppure, diverso da come loro stessi si aspettavano dovesse essere in quel contesto. Ad esempio: “era a una festa ma ero triste”, “ero in un locale per conoscere qualcuno ma non ero sicuro/a di me”, etc…

Quando poi chiedo cos’hanno fatto in quella situazione, quello che mi raccontano è che si sono sforzati di essere al 100%, ovvero: più felici, più positivi, più sicuri, etc…

Alla mia domanda “ha funzionato?” la risposta è, immancabilmente, no. Oppure, se “funziona”, costa un grande fatica emotiva; in realtà non funziona nemmeno perché poi la persona rimane con l’impressione che se solo l’altro avesse saputo come stava effettivamente, le cose sarebbero andate sicuramente male, quindi, se è andata “bene”, è solo perché ha finto recitando una parte.

Si crea quindi un paradosso perchè lo sforzo di essere al 100% ci chiede di essere diversi da come siamo, ci rende iper-concentrati su noi stessi e questo va inevitabilmente a discapito della qualità dell’interazione con l’altro, fino a creare una profezia che si autoavvera, cioè: l’interazione risulta tutt’altro che fluida e armoniosa e noi finiamo poi per pensare che per renderla migliore dovremmo sforzarci ancora di più, mentre in realtà è vero esattamente il contrario.

È il classico caso in cui la tentata soluzione diventa la causa stessa del problema.

Quello che accade in queste situazioni è che in realtà siamo già al 100% (inteso come 100% noi stessi per come siamo in quel momento) ma per qualche motivo, che penso possa essere buono esplorare, pensiamo di non andar abbastanza bene e ci chiediamo di essere al 100% (inteso come ideale che sentiamo di dover raggiungere per ritenerci ok).

Voler essere al 100%, così inteso, non genera affatto da un desiderio di crescita e cura personale, ma, al contrario, da una mancata accettazione di sé e del proprio vissuto emotivo. È infatti il bisogno di essere all’altezza delle aspettative (nostre o degli altri) il motore di questo sforzo controproducente.

Da questa prospettiva, poter NON essere al 100%, è sinonimo di libertà d’essere, libertà dalle aspettative (interne o esterne). Poter NON essere al 100% è essere congruenti con ciò che siamo, è legittimare noi stessi e il nostro vissuto, qualunque esso sia.

Può sembrare paradossale, ma siamo al 100% proprio quando non ci chiediamo di essere al 100%.