Stasera ci guardiamo un sogno? – Cinema: tra esperienza onirica e realtà –

Che siamo all’interno di un cinema, oppure sul divano di casa nostra, generalmente il rituale è questo: ci si mette comodi, si spengono le luci, si fa buio in sala e il film ha inizio. Il che non è molto distante da ciò che facciamo quando andiamo a dormire: lo spegnimento delle luci è l’equivalente del chiudersi delle palpebre, il piombare nel buio corrisponde a un tuffo nell’inconscio, e la proiezione del film equivale al susseguirsi delle immagini oniriche che sostanziano i nostri stessi sogni.

In entrambe le situazioni lasciamo fuori il mondo esterno e ci immergiamo in una realtà altra. In questo senso sogni e film sono vie di fuga, strumenti di evasione dalla realtà attraverso i quali allentiamo la nostra vigilanza; potremmo dire che il cinema simula il sogno.

Forse è  proprio attraverso queste somiglianze che il cinema riesce a parlare direttamente all’inconscio dello spettatore: le immagini che scorrono sullo schermo sono analogiche e simboliche (al pari delle fantasie inconsce) e generano spontaneamente delle risonanze emotive in chi assiste alla visione. E sono proprio queste risonanze che fanno sì che rimaniamo incollati allo schermo rapiti, oppure che abbandoniamo la visione perché annoiati o angosciati. In fin dei conti, ciò che rende allettante un film ai nostri occhi, è la sua potenzialità evocativa, ovvero la possibilità che riesca a rievocare le nostre fantasie inconsce e conseguentemente a risuonare in noi nella giusta misura, né troppo (altrimenti la visione risulterebbe angosciante) né troppo poco (in questo caso la visione sarebbe noiosa).

Quando guardiamo un film partecipiamo alla storia essenzialmente attraverso due meccanismi: l’identificazione e la proiezione. Con la prima ci identifichiamo nei vari personaggi (spesso principalmente nel protagonista) e viviamo le vicende come se fossimo noi a esperirle, assorbendo cioè in noi atteggiamenti e sentimenti dei personaggi. Con la seconda, al contrario, tendiamo ad attribuire nostri elementi e stati d’animo ad ogni personaggio, cioè ad arricchirli di reazioni emotive che in realtà sono nostre.

Questi due meccanismi (identificazione e proiezione) si attuano in contemporanea e si influenzano vicendevolmente in una sorta di identificazione proiettiva ciclica. Un’evidenza della potenza di questi meccanismi è il fatto che possiamo anche provare una forte angoscia durante la visione di un film, sebbene in realtà siamo al sicuro sulla poltroncina del cinema o sul divano di casa nostra.

Nei film come nei sogni, attraverso l’identificazione, possiamo dare forma alle nostre fantasie, anche alle peggiori (spesso aggressive e erotiche o di onnipotenza) che non potrebbero trovare spazio ed espressione nella realtà, possiamo realizzare l’appagamento di desideri non realizzabili durante la veglia perché mossi dal principio di piacere (dinamica che domina la vita psichica infantile) anziché da quello di realtà (dinamica che domina la vita psichica dell’adulto).

Cinema e psiche sono in un certo senso fatti della stessa sostanza: storie e immagini. Noi abbiamo un bisogno intrinseco di raccontarci, di dare voce alla nostra storia per farla nostra e appropiarci così di noi stessi (pensiamo alla psicoterapia, ma anche semplicemente alla rievocazione  e al racconto dei nostri ricordi e delle nostre esperienze vissute). Abbiamo cioè bisogno di avere un racconto interiore continuo, ed il cinema, con tutte le sue storie, ci viene in aiuto in questo senso generando racconti condivisi che sono nostri e al tempo stesso anche di tutti. Il cinema può svelarci aspetti di noi stessi raccontandoci storie e personaggi anche molto lontani da come siamo e dal nostro modo di stare al mondo, ma che in qualche modo possono rifletterci speranze, tormenti o inquietudini che sentiamo albergare anche in noi.

Film e sogni hanno dunque molte analogie, sebbene ci siano anche grandi differenze, la principale è che il sognatore è anche il regista del proprio film ed ha quindi un ruolo attivo; noi siamo sia i creatori che i fruitori dei nostri sogni. Il film è come un sogno ad occhi aperti in quanto, a differenza del sogno, in cui il sognatore generalmente non sa che sta sognando, lo spettatore è cosciente che sta assistendo ad una proiezione cinematografica.

Uno degli aspetti che più rende magica l’esperienza filmica ai miei occhi è poi la possibilità di trascendere i limiti dello spazio e del tempo. Intendo dire che, per quanto riguarda la dimensione onirica, non ci è data la possibilità di risognare un sogno (per lo meno volontariamente) e tanto meno quella di condividerlo in tempo reale con un’altra persona, potremmo dire che l’esperienza onirica è in questo senso autistica. Queste possibilità che sono negate alla dimensione del sogno sono invece rese possibili dall’esperienza filmica, che ci consente sia ripetute visioni che visioni condivise. Accade quindi che riguardiamo lo stesso film a distanza di anni e noi siamo gli stessi di allora ma, al contempo, non siamo più gli stessi…si dischiude così in noi la possibilità di avvertire quelle risonanze di un tempo passato che ci suonano familiari (e spesso rassicuranti), insieme alle risonanze del tempo presente che avvertiamo come nuove; queste diverse risonanze intrecciandosi tra di loro danno vita ad un un’esperienza che, nel suo essere già nota e al tempo stesso anche inedita, si rivela essere potenzialmente creativa e generatrice di ulteriori e nuovi significati.

Anche guardare un film in compagnia di qualcuno è da questo punto di vista qualcosa di magico, è guardare insieme un sogno, è condividere la medesima narrazione che può far trovare i due spettatori molto vicini e risuonanti all’unisono o, al contrario, anche molto distanti e dissonanti.

Proporre ad una persona di guardare un film può poi veicolare anche molti messaggi, può essere l’equivalente dell’ “inviare una lettera” o a volte anche un vero e proprio “messaggio in una bottiglia” che forse non sapremo mai se arriverà a destinazione. Scegliere di guardare un film con una specifica persona o con uno specifico gruppo di persone può essere un’esperienza che, a dispetto dall’apparente passività della situazione esterna, può racchiudere in sé una viva e subliminale attività comunicativa, un silente invio dei messaggi che tentano di arrivare dal mittente ai destinatari  “tra le righe”, o meglio, tra i fotogrammi.

Una famosa frase di Freud recita “a volte un sigaro è solo un sigaro” in questo caso a me viene umilmente da dire “a volte un film non è solo un film”.

A proposito: Nel 1895, anno della nascita del cinema, i fratelli Lumiere proiettavano a Vienna e a Parigi le prime pellicole, nel mentre, Sigmund Freud scriveva i suoi primi studi sull’isteria e nello stesso anno nasceva ufficialmente la Psicanalisi. Nel 1899, sempre Freud, pubblicava l’Interpretazione dei sogni. Sarà un caso?

Buona visione!